Ci sono artisti che rappresentano un ponte vivo tra musica e teatralità, dove il corpo, la voce e la scena si fondono in un linguaggio contemporaneo. Una voce tra mondi.
Artisti come Aleksandra Syrkasheva, in un profilo potente e multidimensionale in cui convivono il classico e la sperimentazione.
Artisti fatti di coraggio, curiosità e di un innegabile talento.
Hai attraversato, e stai ancora attraversando, mondi diversi: jazz, pop, musica elettronica, danza, canto, insegnamento.
Come definiresti oggi il tuo modo di essere artista?
Per me significa rimanere me stessa, cioè continuare a manifestarsi in stili diversi e di non aver paura di sperimentare. È soprattutto grazie al jazz che mi sento libera di improvvisare e avere questo approccio.
Cosa ti ha portata in Italia, artisticamente e umanamente?
Sono venuta qui nel 2020 a studiare canto jazz al Conservatorio di Musica di Bologna. Avendo viaggiato tanto da piccola avevo voglia di continuare il percorso di studi all’estero. Ho scelto l’Italia perché mi incuriosiva il vostro (ora nostro) modo di vivere, godere ogni momento e non stressare molto. E, ovviamente, la lingua italiana per me è la musica.
Hai progetti nei quali passi attraverso generi musicalmente distanti, fino alla didattica.
Che tipo di lavoro fai sulla voce, e che relazione hai con essa sul piano creativo ed emotivo?
Per me la voce, e la tecnica di usarla liberamente come voglio, è il mio strumento più importante. Quindi è da anni che canto vari stili, insegno, e insegnando sento che mi miglioro perché capisco benissimo come funziona il meccanismo. A parte la tecnica, la voce rimane sempre l’espressione di emozioni, quindi bisogna ricordare che il motivo per cantare non è mostrare la bravura ma trasmettere i sentimenti con sincerità.


Quando insegni, qual è la prima cosa che cerchi di trasmettere a chi studia con te?
Che cantare significa sentirsi liberi e felici. Che il canto è il modo bellissimo di aprirsi e fare parte dell’arte. Rimanendo se stessi.
Quanto conta per te l’aspetto performativo e corporeo nella musica?
Se parliamo dell’esibizione dal vivo, ovviamente, è importante: dalle scarpe ai capelli, il modo di muoversi, è tutto collegato e crea una certa impressione e certa atmosfera. È come l’architettura, senza l’immagine e una presentazione efficace la funzionalità non vale tanto quanto potrebbe, è tutto un’arte.
Cosa significa per te “abitare la scena”, da cantante o ballerina?
Vivere il momento, riempirlo con la mia energia e lo stato d’animo.
Ti senti vicina a un’idea di teatro musicale, anche se non nel senso classico?
Direi proprio di sì perché il teatro musicale permette all’artista di esibirsi con la dovuta attenzione dal pubblico. Essendo una cantante ho vissuto i momenti del lavoro nei locali dove l’attenzione delle persone era indirizzata esclusivamente al cibo o alle risate tra di loro. Per fortuna, non è stato sempre così, però facendo musica a volte tocca fare l’accompagnamento senza il coinvolgimento.
Nei progetti Salva Singer e sashha.ofc sembri esplorare due mondi diversi. Quali sono le anime di questi progetti? E cosa cercano di raccontare?
Salva e Sashha sono sia diverse che simili, perché comunque fanno parte di me e dei miei gusti. Salva è il canto con gli strumenti veri, è più romantica e un po’ timida. Sashha è una collaborazionedivertentissima con il mio produttore Nicholas Salvador ed è il canto con la musica elettronica. È più audace, ballabile. Scrivendo le linee cantate ovviamente Salva aiuta Sashha e viceversa.


Com’è il processo creativo quando collabori con altri artisti?
Cosa cerchi in una collaborazione?
È uno scambio artistico prezioso che arricchisce il percorso creativo, aiuta a scoprire e capire altri modi di pensare, di comporre. Cerco di ascoltare altri punti di vista ma, devo dire, a volte esagero con questo e rischio di perdere me stessa. Capisco che è la mia debolezza perché ho la mente abbastanza aperta però comunque con ogni collaborazione capisco anche meglio me stessa. È come nella vita vera: ogni relazione, lunga o corta, ti insegna a capire altre persone ma ti aiuta a scoprire più cose di te.
Canti, insegni e vivi in almeno quattro lingue. Che rapporto hai con le lingue nel canto? La scelta della lingua cambia il tuo modo di esprimerti?
La lingua è solo lo strumento, invece la voce, il timbro, l’anima… rimango sempre me stessa. Secondo me se cantassi in tedesco l’avrei ammorbidito per farlo suonare più da Salva!
Il tuo background culturale è ricchissimo, nonostante la giovanissima età. Come si riflette nelle tue performance? Ti senti un ponte tra mondi?
Direi che mi sento più il mondo, o il fiume dove arrivano tutti questi ponti. Non penso che uniscono i mondi però sento tante influenze e sicuramente questo background culturale e musicale mi permette di essere più libera e creativa.
Cosa ti commuove oggi, nella musica o nell’insegnamento?
La sincerità, la personalità, come sempre, per me è sempre impressionante. Quando si crea un bel dialogo e la comprensione è reciproca.
Quali sono le persone alle quali devi molto, che hanno in qualche modo segnato la tua crescita? Umanamente e professionalmente.
Mia mamma, sicuramente è la persona che ha fatto il più possibile per farmi crescere umanamente e professionalmente nel modo migliore, perché era sempre attenta alle attività che mi piacciono e che riesco a fare bene. Con la carriera sportiva, con i vari allenatori, mi sono abituata alla disciplina e alla diligenza. La mia cara maestra di canto a Leopoli, Lida, mi ha colpito con la sua sincerità e naturalezza, a parte la bravura nella tecnica.
Prima di salutarti e ringraziarti, dimmi una parola o una frase che ti accompagna sempre, sul palco o nella vita.
Enjoy.